Ormai, lo sappiamo, tutto è diventato virtuale. Mi ha colpito molto l’idea di un artista che ha preso delle foto di uomini e donne nella quotidianità che imbracciavano di continuo i cellulari e li ha tolti con photoshop: quello che ne è uscito è una carrellata di immagini che ritraggono la nostra solitudine. Noi senza il cellulare siamo solo persone sole.
Ma, la mia non è una critica e non è uno j’accuse contro il sistema conformista e consumista della società occidentale, sono attualmente vittima delle tecnologia come voi e non parlo a caso di app di dating perché ne sono stata anche io dipendente.
Ero dipendente dallo swipe, dalla compagnia che fanno queste app che ti promettono di trovare l’amore e che ti danno in cambio solo sveltine.
Sì, perché è un po’ così che funziona: apri Tinder, scorri, un like a uno, un like ad un altro, leggi le loro descrizioni che molto spesso sono riassumibili in “sono alto tot centrimentri”, “diremo a tua nonna che ci siamo incontrati al museo”, “no malate psichiatriche grazie”, “so fare una carbonara da paura” come se queste qualifiche con cui gli uomini si vendono avessero il benché minimo senso o il minimo valore nella costruzione di un rapporto sentimentale, così ti arrendi all’idea di sceglierli per l’aspetto fisico, abbassandoti cioè a come loro scelgono te, si inizia la conversazione, ed è tutto un “mandami una foto intera”, “inviami una foto in costume”, “inviami una foto delle tette”, cercano la tua nudità e più ti spingi oltre più diventi il loro animale da concorso di bellezza, del quale è necessario verificare ogni piccolo particolare, di modo che sia conforme alla buona razza, alla perfezione, poi ci si incontra e sono noiosi, noiosi che gli sbadigli in faccia e comunque perseverano nei loro discorsi assurdi e pieni di boria.

Esempio numero uno: una volta un ragazzo per tutte le due ore che siamo stati insieme ha continuato a perorare la sua causa esistenziale, ossia, che tutto ha un prezzo anche il suo corpo e che lui avrebbe venduto il suo culo a cifre anche molto basse.
Esempio numero due: quando attaccano con lo sport, le macchine, le moto, che il loro sport è il muai thai e il sesso, ovviamente, e ti strizzano l’occhiolino manco fossero Rocco Siffredi.
Poi si passa al sodo, ti convinci che non stai mercificando nulla, che è consenziente e che sei una donna libera che può decidere di darla a chi vuole, in realtà sai già che sarà una corsa verso il nulla cosmico, che non proverai nessun tipo di piacere e poi ti schiferai di te stessa. Lo fai ugualmente e la metà sono impotenti ma ti dicono “ma tranquilla non è colpa tua”, farfugliano un “non è mai capitato prima!”, a volte hanno crisi di pianto, tu li consoli ma dentro pensi che glielo hai augurato tu neanche tanto inconsciamente.
Credetemi, non sono stata sempre così cinica: i primi tempi con le app di incontri mi innamoravo sempre, mi piacevano tutti, vedevo tutti romanticamente come gli uomini della mia vita e partivo con sogni ad occhi aperti, matrimoni, tanti bambini e un viaggio di nozze in Polinesia.
Poi, mi sono resa conto di quanto poco valgano gli uomini di oggi: dietro queste app c’è la feccia della società che mi comprende, persone psicologicamente instabili, con problemi relazionali gravi, con problemi di ipersessualità o eiaculazione precoce, drammi interiori e nessun rispetto dell’altro come essere umano.
Dietro queste app c’è l’estrema solitudine di noi tutti, la paura di rimanere soli, l’egoismo: tutti motivi sbagliatissimi per iniziare una relazione.

Così, ho cominciato a ripensare ai rapporti umani e, nonostante sia lungi da me credere, come la buona Andrea Dworkin, che ogni rapporto sessuale etero sia uno stupro e che il romanticismo sia un modo carino per condire lo stupro, certamente non posso negare che provo una certa ripugnanza verso la deriva delle relazioni tra uomo e donna.
Loro cercano corpi, buchi da riempire e noi cerchiamo amore.
Ci potrà mai essere un accordo tra le parti? Si potrà mai guardare insieme nella stessa direzione senza finire per detestarsi?
Nella mia vita mi sono sentita forse troppe volte solo un pezzo di carne, da usare, da buttare, da sgualcire, e mi sono fatta usare molte volte, usando a mia volta, oppure con totale incoscienza e puro romanticismo, ma sono arrivata a 28 anni, sono una donna con discreto successo con gli uomini ma so benissimo cosa pretendono da me e so benissimo cosa posso pretendere da loro.
Certe volte, queste app sono un metodo semplice per ottenere ciò che si desidera sul momento: vuoi un bel manzo per fornicare? Eccotelo. Vuoi un’uscita tranquilla e un drink? Ecco il tuo deficiente del giorno che finirà anche col pagarti da bere. Ma alla domanda vuoi un fidanzato? Queste app non potranno mai dare risposta, non per come sono concepite.
Sono come hamburger, cibo veloce da mangiare mentre stai facendo altro, da introdurre e defecare dopo qualche giorno, sono ottime per placare gli appetiti ma non per insegnarti il gusto della buona cucina.
Parlo come una donna delusa e lo sono: per anni, decenni, ho cercato l’umanità nel maschio, ho cercato la poesia nell’amore eterosessuale ricavandone lacrime e frustrazioni ora, sinceramente, ho smesso.
Ci sarà sempre un momento in cui un uomo smetterà di corteggiarti e tirerà fuori l’uccello vantandosi di come sia grosso o, nel peggiore dei casi, lamentandosi di come sia minuscolo (aspettandosi che tu lo consoli): non esistono rapporti d’amore che prevedano la penetrazione, l’amore viene distrutto nella meccanicità dell’atto sessuale, l’amore si disintegra dopo la prima eiaculazione perché è così che funziona, ci si riveste e tanti saluti ai sentimenti.

Non riesco più a sognare, l’utilizzo di queste app mi ha completamente tolto la capacità di fantasticare sull’amore pulito perché probabilmente non esiste il concetto di purezza in amore, esistono corpi, pulsioni, repulsioni, bisogni, orgasmi, “ti amo” richiesti e detti per abitudine, regali fatti perché è Natale e bisogna, tramonti e matrimoni perché la società ci impone di sposarci.
Doveva essere un articolo scherzoso e, invece, mi rendo conto di aver scritto parole durissime e tetre, mi rendo conto anche di quanto sia stata vuota la mia vita più diventava piena la mia agenda telefonica, più appuntamenti avevo, più drink bevevo, più uomini mi scopavo più ero sola, di una solitudine spessa, palpabile, contornata di gente eppure distante mille chilometri dall’essere felice.
L’unico modo per uscire dal buco nero in cui ti fanno precipitare i rapporti umani è amare la propria solitudine, coltivarla, farne tesoro, imparare a piacersi, a leggere un romanzo in silenzio in una stanza vuota, a guardare un film riuscendo a godere dei racconti delle vite degli altri, amarsi per ciò che si è.
E credetemi, l’amore verso se stessi è davvero l’unico punto di partenza e anche l’unico punto di arrivo.