Sono mesi che mi svolazza per il cranio un grande quesito che, ancora, non ha trovato una risposta, un quesito complesso che, però, potrebbe essere banalizzato in questa domanda: “Che cos’è il transessualismo?”
Qualcuno potrebbe anche stare pensando che dovrei uscire con gli amici, anziché pormi queste domande filosoficamente stupide e ontologicamente ovvie.
Mi spiego: sono solo una che scrive e che cerca di capire, non so nulla o quasi di psichiatria, non conosco
transessuali, non mi piace quasi mai emettere sentenze e giudizi su cose, persone o situazioni, la mia domanda è filosoficamente priva di senso perché molto spesso ho pensato che cercare questa risposta equivalga a tentare di spiegare un dogma religioso.
Ma, bando alle ciance, cominciamo: il termine transessuale viene coniato nel 1949 da David Cauldwell, inizialmente il transessualismo viene inserito rigorosamente all’interno del DSM, la Bibbia della psichiatria in cui gli psichiatri americani nel corso del tempo hanno raggruppato tutte le patologie mentali da cui l’uomo potrebbe essere affetto; in particolare, il transessualismo costituirebbe un disturbo dell’identità di genere (DIG) ossia, la persona di un sesso specifico non si sente davvero parte del genere identificato dai suoi organi genitali e lotta disperatamente per diventare ciò che non è. Non potendo spezzare la genetica, tramuta dall’esterno il suo corpo, anche grazie a terapie ormonali e alla chirurgia estetica e diventa ciò che sente di essere dentro.
La spiegazione è alquanto complicata, l’attuazione del progetto “cambio sesso” è anche più rocambolesca, le discriminazioni sono all’ordine del giorno e partono dalla grammatica stessa: esistono, infatti, due tipi di transessuali, i cosiddetti FtM (Female to Male, ossia, donne che vogliono trasformarsi in uomini) che accettano di buon grado di essere preceduti dall’articolo maschile e, poi, i MtF ( Male to Female, ossia, uomini che vogliono diventare donne) che considerano offensivo l’articolo maschile.
In realtà, nei primi anni di riconoscimento di questa patologia psichiatrica ci si è resi conto che la psicoterapia non aveva nessun effetto sui pazienti affetti da disforia di genere, il percorso di guarigione molto spesso terminava con il suicidio del paziente, mentre, l’adeguamento del corpo al volere dello stesso realizzava la guarigione totale, portava il malato al benessere psichico. Dal 1960 in poi, quindi, la strategia è stata quella di adeguare il corpo alle necessità del paziente: il transessualismo rifiuta l’inquadramento psichiatrico e, infatti, molti psichiatri hanno avanzato l’idea che l’inserimento di questa patologia nel DSM fosse solamente una scusa per far sobbarcare le spese mediche del cambiamento di genere al sistema sanitario nazionale.
Certo, si è parlato molto spesso anche di una predisposizione genetica scientificamente provata, addirittura di un dimorfismo sessuale visibile e, quindi, diagnosticabile a livello cerebrale ma le prove sono poche, le spiegazioni scarne, il DSM V, uscito nel maggio del 2013, sebbene si fosse ripromesso il contrario, non ha cancellato i disturbi di genere dall’elenco delle sue patologie, quindi, i/le trans rimangono a livello medico dei “malati”.
Essere malati non è un’offesa, anche se molti/e transessuali non sono d’accordo: in Italia, il Paese con la più alta percentuale di transessuali-prostitute (circa 5000) e con il più alto tasso di discriminazione delle stesse, il cambio di sesso a livello giuridico è un calvario che, oltre a portare risultati solo a lungo termine, si parla di lustri o decenni, non cancella definitivamente le tracce del passaggio e, soprattutto, non accetta di modificare il genere se non in seguito all’operazione chirurgica di conversione sessuale (penectomia, orchiectomia e vaginoplastica per le trans; mastectomia, istero-annessiectomia, falloplastica o metoidioplastica per i trans).
Una strada lunga, difficile, faticosa, in un Paese come il nostro che non ha rispetto per la diversità ma la sfrutta di nascosto per soddisfare perversioni taciute, istinti antiborghesi, rigurgiti di ribellione, di devianza sessuale e psicologica.
Qualche mese fa, cercando risposte a quesiti per me sempre più ossessionanti, ne parlai con mia sorella – lei è un medico – e scoprii con allarme della sua transfobia, mi disse infatti: “Sono persone malate, vanno curate, pensano di essere donne perché si rifanno il seno ma è solo plastica, non hanno le ovaie, l’utero, non hanno le mestruazioni. Combattono contro la natura, non saranno mai quello che vogliono essere.”.
Sì, pensavo, ha ragione, se vogliamo definire la donna come essere mestruato, se vogliamo che la nostra definizione come genere parta dall’utero. Un’isterectomia, allora, mi renderebbe, così, meno donna, una donna a metà. La mia incapacità a generare mi declasserebbe in quanto donna sterile e, quindi, donna spezzata.
Ma è sul disagio delle e dei transessuali che ho voluto concentrarmi: un disagio che nessuna terapia psicologica riesce ad estinguere, un disagio che viene azzerato solo da quelle mostruose trasformazioni, dalle iniezioni di ormoni, un disagio che trova refrigerio nel travestitismo, nell’estremizzazione di certi comportamenti femminili.
Le trans sono sempre sopra le righe: portano tacchi vertiginosi, parlano come se stessero facendo l’imitazione caricaturale di una donna sciocca, si muovono sgambettando, la loro femminilità è eccessiva, è come se usassero quello che conoscono del mondo femminile e lo portassero all’estremo per affermarsi come parte di quel mondo che le rifiuta e che, comunque, non solidarizza con loro.
Scrivendo, ora, ragionando tra me e me, mi è venuta la risposta: le trans non sono donne perché sono trans. Il punto che nessuno afferra è che è necessario aggiungere un genere alle classifiche mentali umane. Esistono le donne ed esistono le trans, così come esistono uomini ed esistono i trans.
In realtà, la discriminazione nasce dalla rivalità: le donne odiano le trans perché le vedono come nemiche, perché fin troppo spesso, ormai, uomini ammogliati si lasciando andare a incontri trasgressivi anzi, direi, transgressivi.
Passatemi il neologismo, passatemi anche il solito riferimento al rampollo Agnelli, Lapo Elkann: lasciatemi dire che Donato Broco, in arte Patrizia, la trans che nel 2005 lo salvò da morte certa chiamando l’ambulanza mentre lui era in overdose da stupefacenti, era una di quelle trans che il mondo ama definire “di mercato”, persone, cioè, che non soffrono di reale disforia di genere ma che, costrette alla prostituzione, sanno perfettamente che cosa richiedano i clienti, che cosa possa permettergli di fare più soldi, ossia, essere trans.
Ditemi perché un uomo ricco, circondato da bellissime donne disposte a tutto pur di averlo, debba venire ritrovato nella stanza di una transessuale non particolarmente affascinante anche se, non smetterò mai di dirlo, di grande altruismo e coraggio?
Le numerose transessuali intervistate hanno sempre affermato che ad attirare gli uomini sia il fatto che in loro convivano la parte maschile e femminile, molti uomini hanno dichiarato che ad attrarli è il modo disinibito di vivere la sessualità delle transessuali che, essendo uomini, possiedono in loro l’iniziativa tutta maschile che alle donne manca, le donne inorridiscono e credono solamente all’omosessualità repressa degli uomini che pagano le transessuali per avere rapporti.
Anche qui la storia è leggermente più complicata ma voglio farvi leggere insieme a me le parole tratte da un’intervista a Simona Argentieri, studiosa delle identità di genere:
Senza preamboli, Argentieri. Perché gli uomini cercano il sesso con i travestiti?
Per mascherare anche a se stessi che vanno cercando un maschio, per fingere anche con se stessi di essere sorpresi quando scoprono che quella creatura con un aspetto esageratamente femminile ha un pene.
Si nascondono di essere omosessuali?
No, tutt’altro. L’omosessualità è qualcosa di molto più definito ed evoluto psicologicamente. L’omosessuale sa cosa vuole e cosa non gli piace. Qui siamo in un’area più primitiva e confusa, che ha la sua radice in uno stadio del processo di sviluppo in cui ciascuno di noi non aveva chiara la differenza tra maschile e femminile.
Insomma degli immaturi?
Anche questa è una definizione generica. Per certe persone questo tipo di esperienze sono marginali ed episodiche. Rispondono a un funzionamento scisso e saltuario della personalità e sono molti gli uomini che per il resto conducono un’esistenza abbastanza tranquilla. Aggiungo che spesso questi incontri non si traducono in atti sessuali.
Davvero? Tanta fatica per nulla?
Tanta fatica, e tanto rischio, per parlare, guardare, accontentarsi del momento del disvelamento, lasciarsi andare grazie allo pseudo rapporto creato dal denaro. Non c’è schema fisso. Quello che comunque ne risulta è la difficoltà dei maschi di incontrarsi con il corpo femminile. Trovare una creatura che sembra una donna ma ha il pene gli permette di eludere l’angoscia del rapporto con la donna vera e l’angoscia di castrazione.
Riportiamo tutto all’inizio, iniziamo dai cavernicoli per ritrovarci nelle piazze negli anni ’70, ritroviamoci oggi tra uomini aggressivi e, quindi, impauriti e donne che stanno conquistando lentamente una parità accorgendosi, però, che non è tutta rose e fiori ma che è difficile, è difficile, soprattutto, nel rapportarsi con l’altro sesso: è difficile considerare il passato, le discriminazioni subite, le ingiustizie e, poi, ritrovarsi ad amare, come l’istinto ci porta a fare, gli uomini ed è difficile, da parte degli uomini, riuscire ancora a comunicare con donne che hanno cancellato l’immagine della femminilità che si insegna nelle famiglie, che le madri della vecchia generazione dimostrano ad ogni pranzo, ad ogni sabato mattina passato a pulire casa, in ogni piccolo subordinazione quotidiana.
La strada è ancora lunga e irta di ostacoli per noi, almeno quanto per le transessuali: mi piacerebbe, però, che l’educazione al rispetto della donna che, in questo periodo, devo dire sta facendo molti progressi anche se solamente in seguito ad una scia di sangue vergognosa e per troppo tempo taciuta, si accompagnasse all’educazione al rispetto del transessualismo. E’ faccenda delicata, lo ammetto, è una questione scomoda ma la nostra umanità deve avere la meglio anche su ciò che non riusciamo a comprendere.
Io, nel mio piccolo, ho fatto del mio meglio per sensibilizzare me stessa, per decidere di non chiudere gli occhi e cercare di capire, vi porto i miei risultati, possono essere banali e sciocchi, possono essere ovvi ma l’ovvietà a volte fa bene, fa ricordare alle persone che la normalità non è di questo mondo.