Ebbene sì, ho deciso di proseguire con il filone di Richard Bachman (ovvero lo pseudonimo di Stephen King) e stavolta mi sono ritrovata tra le mani “L’uomo in fuga”, romanzo distopico scritto nel 1982 e pubblicato in Italia a partire dal 1984 nella collana “Urania”.

Ho decisamente buttato all’aria il piano di seguire l’ordine cronologico, ma non sono rimasta delusa: “L’uomo in fuga” è un’opera che oserei definire magistrale e che certo non mi ha fatto rimpiangere altri romanzi del genere come, ad esempio, “Il racconto dell’ancella” della Atwood oppure “1984” di Orwell.

Un po’ di trama…

Siamo nel 2025 o giù di lì, solo che la vita non è per niente semplice, soprattutto se si è poveri dei bassifondi. Il mondo, infatti, è nettamente diviso fra le persone abbienti che proseguono la loro vita tranquilla e agiata e i miserabili che si nutrono di cibo sintetico, non trovano lavoro che non comporti danni fisici o addirittura la morte (come, per esempio, gli impieghi alla General Atomics), non hanno filtri nasali per cui vengono intossicati e ammalati dalla stessa aria che respirano, talmente inquinata da provocare cancro ai polmoni a bambini di cinque o sei anni e hanno come unica valvola di sfogo la trivù, ossia la televisione di regime dove gli vengono propinati per ore ed ore senza sosta i Giochi, che non sono altro che brutali game di sopravvivenza con premi in denaro per i vincitori che riescono a sopravvivere (e quasi nessuno ci riesce).

Ben Richards fa parte della categoria B degli esseri viventi: disoccupato, vive con la moglie Sheila e la figlia di diciotto mesi gravemente ammalata di polmonite.

stephen king

Non avendo soldi per curare la figlia, una mattina Ben esce di casa e corre ad iscriversi ai Giochi: dopo vari test, scopre di essere stato scelto per il gioco più crudele e mortale “L’uomo in fuga”…una serie di cacciatori sarà sulle sue tracce mentre lui sarà costretto a scappare e nascondersi avendo come terreno l’intero nord america. Ma non dovrà guardarsi solo dai cacciatori, l’intera popolazione americana lo spierà e denuncerà la sua posizione per ottenere un guadagno. Richards avrà tutti contro con pochissime possibilità di sopravvivere e ricevere in cambio un lasciapassare in denaro che salvi sua figlia.

Un po’ di opinioni random…

Siamo giunti all’estrema degenerazione dell’umanità ne “L’uomo in fuga”. Il concetto antico di panem et circenses si è trasfigurato in una scelta per sopravvivere, il popolo guarda la trivù e viene indottrinato mentre i disperati partecipano ai giochi, con la certezza di morire, sfidando l’1% di possibilità di ottenere dei lauti guadagni. Siamo alla deriva del capitalismo, del consumismo, la vita umana non ha senso di per sé, hanno senso i soldi, perchè i soldi sono beni primari che possono dare da mangiare e curare anche le malattie, in un mondo dove nulla è alla portata di povero.

In questa società totalmente disumanizzata in funzione del Dio Denaro, Richards si presta a questo gioco con fini altruistici rendendosi sempre più conto delle contraddizioni della società in cui vive; per esempio, il governo potrebbe tranquillamente produrre filtri nasali e offrire una vita dignitosa a tutti gli abitanti, tuttavia, sceglie di mantenere il controllo ed esercitare un potere assoluto sulle masse popolari.

“L’uomo in fuga” è la presa di coscienza del male del mondo da parte di un essere umano con pochi mezzi economici ma moltissima intelligenza e astuzia.

Nella sua epopea che terminerà tragicamente, Richards ha modo di incontrare anche persone buone, persone che, per proteggerlo, rinunciano alla libertà e anche alla vita; uno dei bellissimi messaggi del romanzo è, infatti, che esisteranno sempre delle pecore nere nella massa, individui dotati di etica che non si adeguano all’indottrinamento e seguono la logica e l’empatia e questo è un insegnamento che, ora più che mai, dovremmo fare nostro.

Certo, non abbiamo la trivù ma il tentativo di manipolarci da parte dei media e dei governi è il medesimo ma con più chance, da parte nostra, di ribellione.

Quindi: “Spegnete la tv e accendete un libro!” (non per niente King descrive più volte le scene in cui Richards legge e si appassiona a dei romanzi…).

“L’uomo in fuga” racchiude in sé una feroce critica alla società da parte dell’autore ma è anche un romanzo sul Bene, sulla forza del Bene.

stephen king

Il Bene trionfa, anche nei romanzi distopici, e il motore di questo Bene è l’amore, in questo caso specifico l’amore di Ben per la moglie Sheila e la figlioletta e il possente sentimento di amicizia, di gentilezza per coloro che hanno scelto di aiutarlo.

Poi, ovviamente, c’è l’azione, dura e pura, i colpi di scena (tantissimi) che possono sicuramente conquistare gli amanti dei libri incalzanti e ricchi di vicissitudini, però, ci tengo a dirlo, come sempre King dimostra di essere uno scrittore ricco di introspezione, un talento innato per scavare l’animo umano e offrire una morale non scontata e per nulla buonista.

Ho amato la storia di rivalsa di Ben e mi sono anche emozionata leggendo il finale dolce amaro come non mi capitava da tempo.

L’ineluttabilità dell’epilogo è qualcosa di difficilmente accettabile e, se leggerete, lo scoprirete da soli: come tutti i finali by Bachman è agghiacciante ma, in questo caso, ha anche un lato positivo non indifferente.

“L’uomo in fuga” è un libro breve, dal ritmo serrato che consiglio a coloro che cercano azione ma non disdegnano anche lasciar parlare e scegliere la loro parte più intima che, magari, è alla ricerca anche di una morale finale e di molta introspezione.

Insomma, se volete leggere un libro che vi faccia battere il cuore e allo stesso tempo riflettere, “L’uomo in fuga” è la scelta ideale!

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Buona lettura e a presto!

Scheda libro

Titolo: L’uomo in fuga

Titolo originale: The running man

Autore: Stephen King (con lo pseudonimo Richard Bachman)

Anno di pubblicazione: 1982 (prima edizione originale)

Casa editrice: Pickwick

Numero pagine: 258

Voto finale: 5/5