In un tempo molto lontano, Empirea creò il mondo che era gestito da tre fratelli Achlev, Cael e Aren, l’unica femmina.
Con il tempo iniziarono i dissidi tra i tre fratelli fino a giungere al terribile epilogo: la morte di Aren per mano di Achlev che portò Cael, pazzo di dolore, a bandire la magia dal regno di Renalt e ad istituire il Tribunale, una sorta di Inquisizione volta a punire tutti coloro che la praticavano (o ne erano sospettati).
Nel presente in cui si svolge la storia, non c’è solo Renalt, però, esiste anche il fatato regno di Achlev dove la magia è praticata e ben accetta da tutti: un regno che, a differenza dell’altro, prospera ed è privo di terrore o clima di sospetto.
Aurelia vive a Renalt: è la principessa del regno ma viene costantemente bullizzata e derisa poiché è sospettata di praticare in segreto la stregoneria.
Un bel giorno viene deciso che sia Aurelia a dover sposare il principe del regno di Achlev, Valentin, andando così a rafforzare il rapporto tra i due regni.
Aurelia è contenta perché sa che ad Achlev la magia è consentita e finalmente potrà trovare un vero e proprio maestro da cui imparare.
La sera di gala in cui viene annunciato l’imminente fidanzamento, però, si rivela una vera e propria trappola: in seguito a un rocambolesco attentato alla sua vita, Aurelia è costretta a scappare con Toris, il Gran Magistrato del Tribunale.
Purtroppo per lei, però, Toris è malvagio e, invece di accompagnarla nel regno di Achlev (dove si entra solo su invito, pena la morte), la aggredisce fino a quando lei riesce a scappare con la sua bellissima cavalla bianca.
Toris ha ordito una trama per entrare ad Achlev presentando sua figlia Lisette come Aurelia, la principessa, e a quest’ultima non resta altro che provare a combattere la maledizione delle porte di Achlev (che sta distruggendo il regno magico) e a salvare ciò che resta della sua famiglia con la magia, l’amore e tanta, tanta determinazione.
Aurelia è una vera e propria eroina e Fiore di sangue rappresenta una bildung riuscita che la porta a diventare, da bambina sola e isolata, una donna matura e pronta a tutto per salvare i suoi cari.
La vicenda, tratta in maniera fantasiosa da una fiaba dei Grimm, è costruita in maniera eccellente: il mondo rappresentato è tipicamente fantasy, con grandi suggestioni medievali e fatate, l’introspezione (cosa rara in questo genere di romanzi) ha una sua parte non certo fondamentale ma molto emozionante, soprattutto nell’analisi del rapporto tra i fratelli, Aurelia e Conrad, uniti nell’infanzia e oltremodo divisi a causa dell’influenza negativa di Toris sulla mente del bambino.
Aurelia è per tutti una reietta poiché non avrebbe nemmeno dovuto sopravvivere secondo la tradizione di Renalt che obbligava i padri ad uccidere o far sparire le figlie femmine e, poi, perché porta con sé il potere della magia del sangue, una speciale dote soprannaturale che vediamo spesso tra le pagine e che viene esaltata dalla Sanguifoglia, un fiore dotato di poteri salvifici e curativi.
La storia d’amore, ovviamente, è presente e, almeno inizialmente, vede come protagonisti Aurelia e Zan, una persona vicina al Re di Achlev che, però, si svelerà veramente solo verso la fine.
Questo sentimento tenero e delicato è forse la nota più fresca di un romanzo che, invece, molto spesso tratteggia scene crude e anche molto cupe.
Lo stile di Crystal Smith non ha delle caratteristiche particolari: non è ampolloso né troppo naif ma risulta, invece, molto efficace soprattutto nelle scene più al cardiopalma.
Nessuno, leggendo il finale, si aspetterebbe che fosse una trilogia poiché non vi è presente nessun cliffhanger e, anzi, la storia sembra assolutamente conclusa in tutti i suoi risvolti.
Fiore di sangue è adatto a chi ama il mondo fantasy, le storie di streghe e le magie; ma non lascia indifferenti coloro che apprezzano nella lettura tematiche anche sociali e psicologiche poiché è un romanzo con una discreta profondità.
Voto: 5