Ho i miei youtuber preferiti, avrei voluto anche scrivere un articolo per consigliarvi qualche bravo divulgatore di letteratura ma non ho trovato mai il tempo e, soprattutto, mi rendo conto che non sempre seguo booktuber che offrono spunti di valore, molto spesso li uso come sottofondo e, a volte, più leggeri sono, più mi diverto.
Non è il caso di Elena Monti che ha un canale youtube omonimo a dir poco serio ed interessante: la ritengo una lettrice molto altolocata e, in un periodo in cui ero in vena di letture altisonanti, mi sono iscritta anche al suo GDL (Gruppo Di Lettura) “I lettori selvaggi” partecipando come potevo alle discussioni.
Uno dei libri scelti dal gruppo è stato “Le benevole”: cominciato a Maggio, abbandonato, ripreso, finito i primi di Luglio, perdendomi, di conseguenza, anche la discussione in chat, poco importa, non mi faccio mai venire l’angoscia per finire in tempo i romanzi, comprendo che i miei ritmi di lettura sono abbastanza particolari e non si possono adeguare a quelli di lettori forti che a metà anno hanno già letto più di 60 opere e che, sicuramente, fanno la fortuna delle librerie.
Io sono una lettrice lenta, una tartaruga con gli occhiali ma questo perché mi piace assaporare i libri e, per esempio, tra un libro e l’altro, lascio passare sempre qualche giorno per far sedimentare le sensazioni e ciò che il romanzo mi ha lasciato.
Veniamo al dunque, però: cosa mi ha lasciato “Le benevole”?
Pensieri cupi, senso di impotenza e anche la precisa sensazione che questa lettura a tratti dura e quasi inaffrontabile fosse necessaria.
Leggi tutte le recensione della sezione “Narrativa d’autore & Classici“.
Il libro è il manifesto storico di cosa abbia significato il III Reich durante la seconda guerra mondiale, il punto di vista è quello di Maximilien Aue, gerarca nazista che un po’ per caso entra a far parte delle SS e inizia la sua scalata al potere, arrivando, verso la fine della guerra, a ricoprire la carica di Obersturmbahnführer e a seguire da vicino l’organizzazione dei campi di concentramento e la realizzazione della soluzione finale per gli ebrei.
Maximilien è una persona altamente disturbata ma anche sofisticata, amante della letteratura, innamorato della sorella Una con cui ha intessuto un rapporto incestuoso quando era adolescente, un rapporto scoperto dalla madre dei due ragazzi e che ha scavato nel cuore di Max una promessa, quella di non innamorarsi mai di nessun altra e di concedersi solo asettici rapporti omosessuali, consumati di fretta, con la paura di essere scoperto.
Laureato in legge, Maximilien si ritrova nelle SS ma non ha velleità di carriera: svolge ruoli di burocrate in un Paese in cui la burocrazia la fa da padrone e questa, forse, è la parte più complessa del libro: lungo tutte le pagine, ci si ritrova di fronte a tantissimi titoli militari in tedesco, gerarchie, organismi non traducibili che rendono la lettura faticosa, però, danno efficacemente l’idea di come il Reich fosse un meccanismo farraginoso, impantanato in mille procedure, asfissiante, rigido, la cui morsa si andava ad abbattere sul Volk, il popolo, tanto proclamato e, alla fine, sconfitto.
Altra parte difficile da digerire è quella che ritrae la crudezza delle ACTION ossia le retate che in poche ore portavano alla barbara uccisione di migliaia di ebrei oppure le scene finali che descrivono il trattamento dei prigionieri nei campi di concentramento; denutriti, coperti di fango ed escrementi, vittime delle violenze delle SS e dei kapò, costretti a correre per ore nudi nella neve, scheletri condannati a morte e abbandonati al loro terribile destino.
E in tutto questo, nell’introduzione e poi via via lungo il testo, il dottor Aue afferma che anche noi lettori avremmo fatto la stessa cosa, perchè si trattava di obbedire agli ordini e si trattava di vincere la guerra e sconfiggere i nemici in onore del popolo tedesco.
Questa ricerca di solidarietà e, anzi, di colpevolizzazione di chiunque, come se il mondo intero fosse composto da criminali mi ha molto infastidito: io so per certo che non avrei mai partecipato ad un simile massacro (che, ricordiamo, riguardava ebrei ma anche dissidenti politici, alcolisti, omosessuali, lesbiche, senzatetto e persone con disagio mentale) e che avrei rifiutato gli ordini, questa mia consapevolezza ha reso la narrazione di Aue ancora più odiosa e ho davvero faticato in certe parti, per non parlare delle scene non sense, volgari e gratuite, che ritraevano i suoi sogni, i suoi pensieri e le sue fantasie che altro non dimostrano se non quanto fosse psicopatico e quanto solo persone altamente fragili e disturbate potessero godere degli ordini di sterminio indiscriminato senza battere ciglio.
“Le benevole” è scritto da Jonathan Littell, uno scrittore statunitense naturalizzato francese di origine ebraica, di cui mi sfugge tutt’ora l’obiettivo: sebbene la ricerca storica e la documentazione approfondita de “Le benevole” sia un suo enorme merito, la scelta di rappresentare il punto di vista di un folle nazista alle prese con la campagna di Russia prima e, poi, lo sterminio non mi ha convinta del tutto.
Ritengo, comunque, che “Le benevole” sia un libro da leggere assolutamente nella vita, soprattutto se si desidera scoprire i meccanismi che hanno portato alla perdita della guerra da parte della Germania e all’uccisione di 6 milioni di ebrei.
Sicuramente un romanzo duro, con gli spigoli che tagliano e che non rileggerei mai più, fondamentale, però, per conoscere la storia del secondo conflitto mondiale e, forse, capire che non tutto è ovvio e che anche tra i tedeschi del III Reich c’era dell’umanità e la volontà di non nuocere al prossimo.
Scheda libro
Titolo: Le benevole
Titolo originale: Les Bienveillants
Autore: Jonathan Littell
Anno di pubblicazione: 2006
Casa editrice: Einaudi
Numero pagine: 954
Voto finale: 3/5