“Devi fare tutto il possibile, lavorare al massimo e, se rimani positivo, vedrai spuntare il sole tra le nuvole.”
(Pat Solitano)
Questo film parla di pazzi e di amore: una dicotomia, per alcuni, un concetto unico per altri.
Un marito torna a casa e trova la moglie che lo tradisce, a quel punto, pensa bene di picchiare quasi a morte “l’altro”.
Ricoverato in una clinica psichiatrica per otto mesi, scopre di essere molto più di un marito geloso e colpito da un raptus, diventa un bipolare, cioè, per tutto il resto del mondo, un matto e basta.
Torna a casa e il suo unico pensiero è riuscire a riconquistare sua moglie, Nikki che, ovviamente, lo tiene distante più o meno come si farebbe con un morbo mortale. Nel frattempo, però, Pat (il bipolare in questione) incontra un’altra donna che, a sua volta, è diventata una specie di ninfomane psicotica dopo la morte del marito.
[mi scuso sempre per quanto schifo facciano le mie trame ma non sono capace, non mi piacciono, leggetevele su Wikipedia.]
La fine è da commedia americana, quindi, scontata: due matti riescono a produrre un’entità sana (se c’è qualcosa di meno vero di questo, ditemelo, vi prego.)
Lo spunto iniziale, però, è buono per una serie di riflessioni:
1) l’amore è l’unica forza in grado di far deragliare le menti dai binari esistenziali.
2) l’amore è anche l’unica cosa che, una volta averci sbattuti fuori dalla zona d’equilibrio, ci impedirà di tornarci dentro. O, almeno, non in tempi brevi.
3) Il lato positivo, in realtà, non esiste e, invece, esistono le crisi, esistono le brutte vite che non hanno nessuna possibilità di redenzione.
Ok, sto diventando troppo negativa: male, malissimo.
Adesso mi sforzo, anche se questo film mi è sembrato voler far scorrere troppo velocemente la cinepresa sulla complessità dei rapporti umani.
Non mi piace affatto l’idea che i vecchi amori sofferti e che hanno sviluppato in noi un senso di ossessione si cancellino con un colpo di spugna: l’amore non butta via l’amore, al massimo, lo può trasformare, può farci capire cosa non andasse bene nell’amore di prima e può far divenire il rimpianto la consapevolezza di un’incompatibilità.
Certo, non si può continuare a marcire nel proprio dolore, non si può continuare a credere che tutto debba rimanere com’è per paura che cambiando qualcosa potremmo soffrire anche di più: è un rischio che va accolto, anzi, direi afferrato.
Ad un certo punto del film la ninfomane Tiffany, ormai non più ninfomane e innamorata di Pat, gelosa della moglie, gli dice una cosa che suona più o meno così: “Sai, per un po’, ho pensato che tu fossi la cosa migliore che mi sia mai capitata. Ma ora sto iniziando a pensare che tu sei la peggiore.”
Ovviamente, poi, alla fine lui la ama disperatamente e blablabla ma se, invece, (come sarebbe stato normale per uno psicopatico ossessionato dalla moglie e dal suo amore per lei…) lui non l’avesse amata affatto? L’aveva salvata, certo, era riuscito nell’intento di farle provare di nuovo qualcosa per qualcuno, qualcosa di vero, di profondo ma…non ricambiandola l’avrebbe rigettata nell’abisso. Solo che la seconda volta fa più male.
Così, me ne sono uscita dal cinema pensando che il lieto fine è proprio una grande presa per il culo e che succede solo nei film e che io, cresciuta a pane e film, sono stata proprio rovinata.
Sono biologicamente programmata per restare delusa dalla realtà.
Inoltre, sono biologicamente programmata a non riuscire a trovare il lato positivo, sebbene mi sforzi e sebbene mi renda conto che sia più utile di qualsiasi ricostituente naturale e passeggiata all’aria aperta.
Il lato positivo è più utile anche delle “belle cose” che a volte ci succedono perché senza di esso non sappiamo nemmeno come prenderle, come viverle.
Il lato positivo è il modo per non vivere in perenne attesa di qualcosa di straordinario che prima o poi ci accadrà, è la via di salvezza dalle aspettative, dalle angosce, dalle responsabilità.
Solo che si dimenticano sempre di dire che è genetico: ci si può lavorare, certo, ma è molto facile perderlo di vista, abbattersi, ritornare i negativi, pessimisti di sempre.
L’amore non salva coloro che non riescono a sviluppare il lato positivo: questa è un’altra cosa che il film non dice.
Perché anche l’amore non può niente di fronte a chi non riesce ad accoglierlo e lo spreca.
Quindi, siate positivi, portatevi dietro un medaglione col simbolo di Yin e Yang, come facevo io anni fa, e ricordatevi sempre che tutta la tristezza che sentite di provare è solo una facciata della medaglia, è solo l’ala sinistra della farfalla che, se, se solo riusciste ad essere positivi, non avrebbe più fuori uso la destra e potrebbe volare.