Voglio iniziare questo articolo su Harvey Weinstein chiarendo la differenza tra violenza e molestia.

In questi giorni tra televisione e giornali, è stata fatta un bel po’ di confusione tra i due termini: si dice che Asia Argento sia stata violentata dal noto produttore cinematografico Harvey Weinstein mentre è stata sottoposta ad un gravissimo ricatto sessuale: “Se vuoi lavorare vieni a letto con me”. Gravissimo atto, come ho già detto, eppure non si tratta di stupro: la violenza sessuale non lascia scampo, non dà la possibilità di dire no, ergo, come diceva Nanni Moretti “le parole sono importanti” cerchiamo di usarle con criterio.

Il curioso caso di Harvey Weinstein sta tutto nel suo scoppio ritardato e da questo nascono anche i miei profondi dubbi e le mie perplessità: fior fior di attrici hanno cominciato a dire che sono state vittima di molestie e ricatti sessuali da questo famosissimo e scaltro produttore, ne è venuto fuori un putiferio, uno scandalo che non solo ha fatto crollare Weinstein nell’abisso (sequestrati gli oscar ricevuti, è stato anche escluso dalla celebrazione degli oscar di quest’anno) e lo ha obbligato a rinchiudersi in una clinica per sex addicted, tristemente diffuse negli Stati Uniti, ma ha fatto tornare alla ribalta molte voci e molti volti che erano finiti da un po’ nel dimenticatoio. Attrici famose e meno famose che hanno definito Weinstein “un orco orribile”: hanno, inoltre, detto che tutti a Hollywood sapevano ma che tacevano perché Weinstein era uomo potentissimo che non solo poteva toglierti il lavoro ma anche farti dare il benservito dai più rinomati ristoranti dello star system.

harvey weinstein

Ecco, io penso e lo penserò sempre che nessun ricatto valga il mio corpo e la mia integrità psicofisica: perciò se mi dicessero o mi fai un pompino o smetti di lavorare e se me lo dicessero persone di estremo potere che effettivamente potrebbero farmi fare armi e bagagli e lasciarmi lungo una strada, beh, io scegliere l’accattonaggio e sceglierei di denunciare. Subito, però. Non con vent’anni di ritardo lasciando intanto che questo “orco” continui a fare i suoi comodi, traviando giovani donne e obbligandole ad una scelta che, se non è difficile, è quanto meno traumatica.

Le invitava nel suo albergo per parlare del film e si denudava, chiedeva massaggi, “servizietti” e poi, di fronte ad un rifiuto, partiva con i ricatti: non tutte hanno ceduto e non tutte per questo hanno smesso di lavorare, questo è importante ricordarlo, ma è fondamentale ricordare anche che quelle che dicono di aver ceduto non hanno parlato se non molti anni dopo.

Perché? Perché era un uomo potente e ora non lo è più, semplice. E anche troppo facile e non di buon esempio. Cosa insegneranno queste donne alle loro figlie? Di tacere e subire di fronte agli abusi di potere? Di sottomettersi al potente? E cosa insegna a noi, come società, questa condotta?

Io sono dell’opinione che questi ricatti siano vergognosi, soprattutto, se fatti nei confronti di giovani donne ingenue, impaurite, certo, però, ahimé, anche se braccate, anche se obbligate da mille timori e fragilità, anche se confuse queste donne, poi, devono denunciare! Capisco anche il cedere, vedete, capisco la pressione ma non capisco il ritrovarsi a dire “eh sì, quell’uomo è un mostro” in ritardo di vent’anni.

asia argento manda a fanculo

Da quello che ho letto, e che spero non sia vero, alcune di queste attrici molestate, tra le quali Asia Argento, hanno avuto, poi, un rapporto duraturo con il produttore, un rapporto di lavoro e di amicizia.

La mia perplessità sta proprio in questo: che il trauma di una molestia possa trasformarsi in un silenzio o, ancor peggio, in una solida amicizia.

Dopo questi fatti, è nata una bella iniziativa da parte della scrittrice e conduttrice radiofonica Giulia Blasi che ha ideato l’hashtag #quellavoltache per spingere le donne a raccontare traumi, violenze e molestie subite nel corso della vita.

Ieri me li sono letti questi tweet, ho impiegato un lungo pomeriggio perché sono stati moltissimi: c’è la ragazza che è stata molestata dal prete, la donna che addirittura ha subito molestie dal suo psicologo, quella che ha schivato dal findanzato un pugno che ha bucato la porta, c’è quella che esce sempre con le sneakers per poter scappare meglio di notte, insomma, tutte storie dense di tristezza che mi hanno profondamente colpita e che mi hanno fatto anche pensare con ribrezzo che qualcuno di questi uomini avrà letto e non ci avrà trovato niente di male. Sei tu colpevole di avere un seno prosperoso, sei tu che esci vestita da zoccola, sei tu che hai un caratteraccio e allora le sberle al tuo uomo gliele levi dalle mani, sei tu che parli parli ma poi hai goduto mentre ti violentava. Questa è l’Italia degli uomini, ahimé, ma non si combatte con gli hashtag, o almeno, non solo con quelli, si combatte in procura, facendo denuncia e chissenefrega che “nessuno mi avrebbe creduto”, chissenefrega che “mi avrebbero detto che sono io la colpevole”, le lotte iniziano così: con grandi sconfitte.

Ecco, io trovo che questa Italia sia in mano agli uomini proprio perché queste donne non lottano abbastanza. Penso che siamo il sesso debole definito così da tutti perché siamo realmente deboli, rinunciatarie, troppo silenziose.

Sono stata fortunata, io nella mia vita non ho subito abusi, non ho un #quellavoltache da sfoderare e forse voi penserete che proprio per questo sembro insensibile ma credetemi le situazioni difficili hanno soluzioni difficili ma hanno sempre soluzioni.

hashtag quella volta che

Parlare è complicato se non si è sotto la confortevole maschera dei nickname, denunciare è complesso e porta un sacco di rogne, lo sappiamo benissimo, però, è la chiave per la libertà e per restituire a noi stesse quella dignità che le molestie, gli stupri e gli abusi ci hanno tolto.

Queste star che ora parlano, vent’anni dopo ma anche un anno dopo, sono state conniventi, colpevoli di omertà e non sono di esempio per nessuno.

Sarebbero da mettere in galera insieme al loro aguzzino e, invece, saranno osannate, compatite e non punite per i loro silenzi, schifosi silenzi.

La libertà è una scelta, mi rivolgo a voi ragazze, e quando ci offrono una scelta per salvare la nostra dignità e la nostra integrità la dobbiamo prendere, a piene mani. E, poi, si deve denunciare, sempre. Checché ne dicano benpensanti, pennivendoli ipocriti e opinionisti tv che nemmeno sanno cosa sia l’amor proprio.

Se la scelta c’è, la “violenza” ha una via di fuga.