«In Pornolandia ci sono delle leggi non scritte o un’agenda segreta, tanto che se dicessimo tutto ciò che sta realmente accadendo in questo posto, i fans se ne andrebbero». (Ona Zee, pornostar).
Da un bel po’ di tempo avevo in mente questo articolo: un giorno, leggendo qui e lì la bacheca del mio profilo Facebook, mi ero imbattuta nelle testimonianze di alcune ex attrici porno e delle loro esperienze sui set a luci rosse.
Leggendo la drammaticità dei loro racconti mi sono detta, tra me e me, che avevo dannatamente ragione e che anni di battaglie verbali con gli amici maschietti erano forse servite a qualcosa: sono anni, infatti, che io perseguo l’obiettivo di far comprendere a coloro che utilizzano il porno come mezzo per il raggiungimento dei propri piaceri solitari o, forse, sarebbe meglio dire, come forma di dipendenza ipersessuale che danneggia le relazioni amorose e li rende incapaci di avere normali rapporti con l’altro sesso, insomma, cerco di far comprendere loro che l’industria pornografica rappresenta qualcosa di negativo sotto tutti i punti di vista.
Il porno è assolutamente negativo perché offre un’immagine della donna come oggetto degradato, sfruttabile e sempre compiacente: una sorta di bella bambola senza idee proprie, senza sentimenti, sensazioni che ama ricevere piogge di sperma in faccia o camminare con il tacco quindici in casa mentre aspetta l’idraulico.
L’immaginario erotico dei consumatori di film e video porno è talmente radicato che è diventato vero e proprio feticcio e fantasia: si aspettano che le donne girino con il reggicalze e le giarrettiere e che, soprattutto, subiscano l’atto sessuale e che vivano i soprusi come atti giustamente imposti dalla volontà e dal piacere del maschio.
E questo è sicuramente uno dei punti contro cui cozzano le mie idee di lotta al patriarcato per il raggiungimento della totale libertà ed emancipazione – anche sessuale – delle donne.

Oltre a questo, però, il mondo del porno nasconde dell’altro, cela soprusi, prevaricazioni, giovani donne e giovani uomini condannati ad una vita composta da scene degradanti che diventano vittime della droga, dell’alcol, che certificano la disperazione di questa realtà con continui tentativi di suicidio, comportamenti dovuti anche allo stress e all’ansia di dover lavorare in un ambiente in cui, senza esagerare, il 70% degli attori e dei colleghi soffre di malattie veneree, non sempre HIV certo ma anche HIV e questo sicuramente non fa dormire sonni tranquilli, considerando anche che, al contrario della prostituzione, ove ormai la pratica dell’uso del condom è molto diffusa, nell’ambiente hard quest’ultima non ha mai preso piede perché probabilmente non apprezzata dai consumatori finali.
Così mi sono messa in testa da sempre e, ora più che mai di far scorrere queste testimonianze che ho letto e che mi hanno preoccupato, faccio trapelare quella che sento essere la verità tramite questo piccolo blog che racconta tante storie e vuole farlo dando il giusto onore alla verità, spargo la voce perché, credetemi, tutti coloro che vi raccontano la balla degli attori consenzienti e delle star del porno che amano fare sesso e adorano il proprio lavoro devono essere zittiti.
L’ex pornostar Erin Moore racconta la sua esperienza e mette l’accento proprio sulla mancanza di rispetto per le donne all’interno della pornografia, una mancanza di rispetto per me lampante ma per molti uomini considerata a volte non necessaria, a volte secondaria: «Durante la mia carriera di pornostar sono stata disprezzata e trattata come un pezzo di immondizia più di quanto avrei mai potuto immaginare. Per questi registi non ero una donna, per loro non ero nulla. A volte, stare con i ragazzi era bello, ma talvolta era orribile. Ho avuto a che fare con uomini che volevano strangolarmi, che mi hanno schiaffeggiato, che mi hanno ridotto a tal punto da non poter più camminare, e questo accadeva anche dopo che gli avevo detto di fermarsi. Questa gente non ha alcun rispetto per le donne».

La prima esperienza sul set della pornostar Sierra Sinn dimostra come non ci sia accordo tra le parti, tra agenti e attrici almeno: «La mia prima scena è stata una delle peggiori esperienze della mia vita. Fu una cosa spaventosa. Era una scena molto rude. Il mio agente non mi aveva anticipato nulla […]. Feci tutto piangendo ed essi non si fermarono. Fu una cosa veramente violenta».
Certo, in parte credo anche io che sia un mondo basato sul denaro e che proprio nel denaro trovi la sua pochezza: ma alcune di queste donne sono giovani ragazze madri che hanno bisogno di soldi, di tanti soldi e che, avendo questo punto debole, vengono sfruttate in tutti i modi dai loro manager, altre donne vogliono solo una vita dignitosa oppure non sanno a cosa vanno incontro, scoprendolo solo quando ormai il meccanismo è ben che avviato.
«Alcune delle mie esperienze sul set includono l’essere totalmente devastata da produttori che mi procuravano alcol e droghe. Sperimentai anche scene di sesso rude, ma quando dissi agli uomini di fermarsi, loro non lo fecero finché iniziai a piangere e rovinai la scena. Durante una delle scene ero veramente sbronza. I produttori se ne accorsero e mi dissero di fare una “doccia” pretendendo che orinassi su una ragazza, ma mi sbagliai e le defecai addosso. Fui così umiliata che volevo morire. Essi mi dissero che tutto andava bene, che la cosa sarebbe rimasta tra di noi. E invece è finito tutto sul web. Mi sono sentita totalmente degradata». (Michelle Avanti, ex pornostar)
La nuova forma di ricatto, però, non sono più tanto i soldi o la promessa di rovinare la reputazione delle attrici recalcitranti in modo che nessun regista le vorrà più, no, ora la faccenda è molto più criminale, anzi, cyber-criminale: le giovani attrici vengono ricattate con minacce che riguardano il rendere alcuni video molto personali virali oppure di inviarli alle famiglie. Riuscite a capire la portata di tutto questo? Il concetto finale è: “Prova a lamentarti e la tua vita, la tua dignità, soprattutto, sarà finita per sempre.”

Credetemi, ragazzi, non esiste donna al mondo che possa far volentieri un lavoro del genere, neppure per tutti i soldi del mondo: è il mestiere più antico ma anche il più becero perché ti impone di scindere la tua parte sessuale da quella empatica e sentimentale, in questa scissione, a volte, ti dimentichi di essere una persona in carne ed ossa e il tuo ego ti abbandona. Rimani un corpo, la qual cosa è equiparabile a rimanere un cadavere, una morta da viva.
«Nel mondo del porno ho visto molto dolore […], tanta sofferenza. Molte ragazze smarrite entrano in questo business solo per avere un po’ di soldi in più […], per potersi pagare la scuola […], per poter pagare la scuola ai loro figli perché sono ragazze-madri. “È solo per un periodo”. Pensano di farlo solo per qualche tempo […], solo alcuni video. Anch’io ho iniziato così. In realtà non finisce mai quando vorresti […], il percorso continua […], il buco diventa sempre più profondo […], e la strada diventa sempre più oscura. Per la maggior parte del tempo le ragazze non se ne rendono conto. Un giorno vedi questa brillante ragazza che posa nuda […], e il giorno successivo sta firmando un contratto con una società porno hardcore. Perduta. Spezzata. Sola». (Erica Campbell, Pornostar).
Capite, ragazzi, è un mondo crudele e dietro ai vostri momenti di beatitudine casalinga, magari, mentre la vostra fidanzata o convivente dorme, mentre i vostri figli sognano, mentre la vostra vita normale scorre, dietro alle vostre fantasiose scorribande sessuali si nascondono sofferenze indicibili, non solo psicologiche, ma anche fisiche:
«Il mio giorno peggiore è stato quando sono stata costretta ad usare una spugna per fare una scena che era già nel mio programma mensile, e che non avrei mai voluto fare. La spugna venne spinta così in alto che dovettero ricoverarmi all’ospedale perché mi ero presa un’infezione. Dovettero aprirmi per rimuovere la spugna. Non fui in grado di lavorare per alcune settimane, e l’agente si trattenne del denaro dal mio compenso per non perdere i soldi che non aveva guadagnato a causa del mio problema. Mi lasciò lì, malata e senza cibo». (Mahlia Milian, Pornostar).
Tutto questo per raccontarvi un po’ di cose sull’esecrabile industria a luci che io non definisco rosse ma nere: il rosso appartiene all’amore, ai sentimenti, alla gioia, alla passione, il nero, invece, è lo sporco, è il male assoluto, è la bruttezza.
Pensateci la prossima volta che cliccate su PornoHub o altre piattaforme simili, pensate alla realtà dei patimenti di quegli attori sì, perché io ho parlato soprattutto di donne ma esiste un mercato di attori omosessuali che non se la passa di certo meglio, eccone testimonianza:

«Sono Brenn Wyson, un ex pornostar gay. Cosa posso dire? Che ciò che accade dietro quelle porte chiuse è un continuo abuso sessuale con trasmissione di HIV e di tutta una serie di malattie veneree. Quelli che lavorano lì guadagnano un sacco di soldi e non vi diranno mai della loro pessima condotta e di come buttano la gente nell’immondizia. Come con le droghe o le iniezioni al pene, tutte cose contro la legge, ma che essi impongono ai loro attori […]. Io so ciò che succede dietro quelle porte chiuse, ed è malato e malsicuro, e la tua vita è continuamente in pericolo. Spero di riuscire a dissuadere altre persone che sarebbero tentate di credere alla favola di quei diavoli che abitano nel palazzo del porno».
I video più visti su queste piattaforme offrono immagini di violenza: donne imbavagliate, legate, simulazioni di stupri e di torture. So benissimo che le fantasie di ognuno di noi celano risvolti tremendi e che, finché rimangono fantasie, non fanno del male a nessuno.
Nonostante questo credo che, al giorno d’oggi, questi mondi fantastici fatti di soprusi e di prevaricazioni non debbano esistere, stiamo lottando, noi donne in primis, per avere il ruolo che ci spetta, stiamo combattendo giorno per giorno per ritagliarci spazio, rispetto, stima e, poi, amici miei, non crediamo all’idea che alle donne o agli uomini piacciano i soprusi, non crediamo che il sesso sia violento o che debba essere non consenziente, crediamo al motore del mondo, crediamo all’amore.