Ho passato la vita a studiare il Male. L’ho fatto per la mia tesi di laurea triennale, ho continuato ad analizzarlo per questo blog, ho lasciato scorrere, negli anni, il suo fascino che subivo un po’ spaventata ma anche preparata alle conseguenze.

E così ho cominciato a capire che dovevo temerlo ma senza averne paura ingiustificata: il fatto, quindi, che sia morto Charles Manson per me è una notizia strana, quasi irreale.

Forse perché è morto l’ultimo dei veri mostri che sembrava (e si credeva) immortale, forse perché nessuno pensava che un uomo (perché, nonostante tutto, io gli conferisco ancora umanità) capace di concepire tali efferatezze potesse subire la morte, come tutti noi, come qualsiasi essere vivente che ad un certo punto smette di respirare. Così, semplicemente.

Forse Manson meritava una fine più eclatante, l’elettricità nelle vene o la perfida morte per iniezione ma lo stato della California grazie alla sua legge gli ha concesso la vecchiaia.

Così Manson è diventato un vecchio mostro, malandato, se volete, ma non scevro di potere, quel potere che sogniamo tutti e che non teme gli anni, il potere della personalità che lui sprigionava dallo sguardo.

Guardate bene le foto di Manson, quelle recenti: a voi sembra un vecchietto innocuo? La risposta è ovvia, no. Quello sguardo ipnotico, lacerante ferirebbe qualsiasi coscienza, farebbe tremare Gesù sceso in terra, farebbe vacillare gli angeli.

Ed è rimasto uguale, nel tempo, tanto che se confrontiamo una foto degli anni ’70 con una attuale di Manson ritroviamo gli stessi occhi.

Quegli occhi che mi hanno sempre fatto rabbrividire assieme alla svastica tatuata al loro incrocio, a testimonianza di come il Male sia sempre uguale, anche se passano i secoli.

Charles Manson non è sempre stato così: è stato anche un ragazzo pieno di sogni, con velleità di musicista rock, nei momenti d’oro di quel genere di musica.

charles manson da vecchio

Velleità che, come era capitato anche ad Adolf Hitler con la pittura, vennero deluse: se Manson aveva un talento, quello non era la musica.

Il suo vero talento era la personalità carismatica che ben presto lo portarono a soggiogare molti giovani (soprattutto giovani donne attratte dallo charme e anche dall’avvenenza del giovane Manson) e a riunirli nel suo ranch. The family era il nome di quella che potremmo definire la setta di Manson: giovani uniti dalle droghe, dalle attività criminali, dal sesso di gruppo, dalla musica hippie e dal carisma del padre padrone con indoli sciamaniche.

La profezia di Manson diversificava la comunità dalle altre comunità hippie, infatti, Charles profetizzava, partendo dal suo disprezzo razzista nei confronti dei neri, una guerra interrazziale alla fine della quale gli afroamericani avrebbero preso il potere salvo poi perderlo a causa della loro inferiorità e incapacità in favore dei rappresentati della setta da lui creata.

Pazzesco, no? Folle credere a queste fandonie ma nel ’69 certe idee funzionavano ancora e funzionavano bene, tanto che sempre più persone si unirono a The family scappando dalle famiglie di origine e diventando parte di un gruppo capace di delitti mai visti prima.

Sette uccisioni in due giorni tra le quali Sharon Tate, attrice e compagna del regista Roman Polanski che portava in grembo il loro primo figlio. Sette persone uccise tutte in maniera brutale, massacrate. Manson non si sporcò mai le mani, i suoi tentacoli devastavano la mente dei suoi adepti ma non toccarono né sangue né armi: il suo potere era tutto nel completo asservimento dei giovani ragazzi che agivano per lui.

Ecco perché Manson era il Male. Ecco perché non ottenne mai, in vita, un permesso per buona condotta, nonostante le strenue richieste.

Voleva far saltare il sistema, quello stesso sistema che lo aveva rifiutato come musicista. Anche se le scelte delittuose di Manson non sono state mai comprese fino in fondo, non si è mai compreso perché colpì proprio l’alta borghesia e lo star system del tempo: sicuramente lo guidava una rabbia cieca nei confronti di coloro che “ce l’avevano fatta”, che erano diventati qualcuno come lui avrebbe sempre voluto. O semplicemente, avendo vissuto per anni nella povertà più assoluta, odiava i ricchi e tutti coloro che vivevano nell’agiatezza.

charles manson da giovane

Il potere persuasivo e conturbante di Manson è dimostrato anche dalle numerose donne che, negli anni, gli hanno scritto e si sono “innamorate” di lui e della sua follia, non ultima la giovanissima Elaine Burton che, però, poi si dimostrerà essere leggermente più furba dei suoi vent’anni ma questa è un’altra storia.

Il suo fascino esiziale, però, si è spento domenica 19 novembre alle ore 20.13.

Io penso che Manson meritasse di morire di venerdì 17, qualche giorno prima, perché il Male ha bisogno di simboli per perpetuarsi e nutrirsi, perché anche il Male entra nella storia e di solito si ricorda molto più facilmente del Bene. Inutile chiedersi perché, me lo chiedo da tanti anni senza trovare risposta. Teniamoci questa domanda, cerchiamo di lasciarla lì, potremmo rimanere delusi della risposta.